
E subito riprende
(Allegria di naufragi,1919)
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare.
Così dovremmo riprendere anche noi il nostro viaggio dopo il naufragio del Covid proprio come il poeta Giuseppe Ungaretti che nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto, da genitori toscani, e a due anni perde il padre a causa dell’idropisia, malattia che aveva contratto durante gli anni di estenuante lavoro per lo scavo del canale di Suez. Sua madre, Maria Lunardini, si fa carico della famiglia: donna taciturna e religiosa, gestì da sola un piccolo forno di proprietà per permettere al figlio di studiare, continuandogli a parlare dell’amore per l’Italia e la Toscana. Nel 1912, dopo un breve periodo trascorso al Cairo, lascia l’Egitto e si reca in Francia dove entra in contatto con un ambiente artistico internazionale. Nel 1913 muore l’amico d’infanzia Moammed Sceab, suicida nella stanza dell’albergo di Rue des Carmes, che condivideva con Ungaretti, il quale gli dedica una poesia (“In memoria” ne Il porto sepolto).
Due altri gravi traumi sconvolsero la vita di Giuseppe Ungaretti: la Grande Guerra e la morte di suo figlio Antonietto, alla tenera età di 9 anni. Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, il poeta partecipò attivamente alla campagna interventista e, all’ingresso dell’Italia nel conflitto, il 24 maggio 1915, si arruolò come volontario. Di ritorno dal campo di battaglia, Ungaretti si scopre incapace di abitare ogni luogo, di sentirsi a casa. La sua pace è perduta per sempre. Ciononostante, egli non si arrende: vagabonda per il mondo, con il suo spirito girovago ed avventuriero… Nel 1936 accetta di trasferirsi a San Paolo, in Brasile, come docente di Letteratura italiana. E proprio in Brasile, si verifica l’altro grande evento traumatico della sua vita: nel 1939, muore suo figlio Antonietto, per un’appendicite malcurata. Ungaretti si spegne a Milano, all’età di 82 anni. Nonostante il dolore, lo sradicamento, i lutti, le perdite, Ungaretti è un poeta vitale che non smette di tenere accesa la sua navicella del sogno e lo fa con la più bella delle speranze, quella per l’amore.
SOGNO
O navicella accesa,
corolla celestiale
che popoli d’un eco
il vuoto universale…
(Sogno, 1927)
«È piuttosto raro che un poeta continui a scrivere a ottant’anni, ma ciò non è mancato. E che Ungaretti scriva d’amore è ancora più sorprendente, ciò dimostra quanto grande sia la sua vitalità e la sua fede nella vita e nella poesia» Dirà Montale del suo amatissimo nemico Ungaretti.
La ventiseienne Bruna Bianco consegna alcune poesie a Giuseppe Ungaretti, allora sull’ottantina, al termine di una sua conferenza in Brasile. Nasce un amore che valica la differenza d’età, impetuoso e travolgente, che riaccende nel poeta il desiderio di cantare e si esprime in un fitto carteggio tra i due. (Lettere a Bruna, Oscar Baobab Mondadori, pp. 658, € 12)

Certo, Bruna, che t’amo, e con quale smisurata demenza.
Non ti dicevano gli stupidi telegrammi che ti mandavo dalla nave quando non avevo altri mezzi, che mi eri di continuo presente?
Di continuo, di continuo… Amo per l’ultima volta, e come non ho mai amato, con disperazione.
Sei il mio sogno della fine, assurdo, stupendo, orrendo. Ti sogno a occhi aperti, ti sogno nel sonno, sono in uno stato di sogno continuo, e so che sognarti è per me, non può essere per me che l’atto più amabile e più crudele che ci sia.
M’è rinata nel cuore la poesia, l’ha fatta rinascere la gentilezza d’una pura voce di poesia.– Lettera di Giuseppe Ungaretti a Bruna Bianco
Tenere vivi i nostri sogni e investire in essi cercando di tutelare le nostre necessità, rendere più sereni i nostri momenti di difficoltà, le nostre preoccupazioni: questo è l’aiuto che offro ai miei assistiti.
Quando Maria Lunardini liquida la sua attività e ne affida i ricavi al figlio Giuseppe pensa di aiutarlo a trovare la propria indipendenza ma Ungaretti è incapace di gestire il proprio patrimonio e finisce col perdere tutto.
Come abbiamo visto Ungaretti non si perderà mai d’animo, vivendo anche in ristrettezze economiche e accettando nuovi impieghi.
Il consulente può facilitare il superamento di situazioni complesse anche sul piano emotivo: il passaggio di testimone in azienda, la successione, pianificazione e prevenzione di quegli eventi che se conosciuti possono essere affrontati con raziocinio e serenità.
In una parola i sogni realizzati con consigli professionali.